NCIS: Interlude 2/?
Mar. 21st, 2009 05:03 pm![[identity profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/openid.png)
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Titolo: Qualcosa da fare
Genere: malinconico, romantico
Rating: per tutti
Avvisi: AU, spoilers sesta stagione (6x04 - Heartland)
Personaggi del capitolo: Gibbs, Mike Franks
N. parole: 2.207
Note: Non conosco lo spagnolo, le parole riportate nei dialoghi (evidenziate in italico) sono state controllate con un traduttore online. Per chi avesse difficoltà a capire alla fine di ogni capitolo troverete la traduzione.
Da leggere lentamente, perché il terzo capitolo è soltanto abbozzato.
Qualcosa da fare
Nei giorni seguenti alla sbornia Gibbs aveva trasformato in abitudine la corsa mattutina, recuperando poco a poco i ritmi abituali. Fisicamente si era ripreso completamente, mentre trai suoi ricordi c'erano ancora delle lacune. Ricordava tutto della vita precedente al primo coma, mentre parte degli anni successivi continuava ad essere sbiadita nella sua mente. Franks gli aveva fatto notare qualcosa, un paio di giorni prima, che gli aveva dato da pensare. Tre matrimoni e conseguenti divorzi nell'arco di dieci anni erano un bel record, non doveva esserci poi molto di buono da ricordare. Forse aveva ragione Mike e non doveva dar troppo peso alla cosa. Piuttosto doveva essere grato di aver conservato i ricordi più preziosi, quelli che riguardavano Shannon e Kelly. A distanza di due mesi dall'esplosione era ancora difficile accettare che non ci fossero più da così tanto tempo, ma ricordarle era ora un conforto a cui non sapeva rinunciare.
Per un attimo rivide se stesso quindici anni prima, seduto su una roccia con una pistola in mano, incapace di superare il dolore. Solo l'inaspettato arrivo di Franks, l'agente del NIS che si era occupato del caso, lo aveva convinto a desistere e gli aveva dato un nuovo scopo nella vita. Ma, ironicamente, per riuscire ad andare avanti aveva nascosto il passato, quasi fino a cancellarlo. Nessuno, che lo avesse conosciuto dopo che si era congedato dal Corpo dei Marines per diventare un agente federale, sapeva che aveva avuto una moglie e una figlia. Aveva donato abiti e giocattoli e inscatolato le foto e alcuni oggetti che voleva conservare e messo quelle scatole al sicuro, dove nessuno sarebbe andato a curiosare. Anche così la casa, pur essendo stata arredata a nuovo da altre donne, aveva conservato in se abbastanza ricordi da rischiare di soffocarlo. Era per questo motivo che aveva preso l'abitudine di trascorrere la maggior parte del tempo al lavoro o nello scantinato. Era stato allora che la costruzione della barca aveva smesso di essere un hobby ed era diventata un rifugio mentale, tanto più che nessuna delle donne che aveva successivamente sposato era stata incline ad avventurarsi in quello stanzone buio, dove ogni superficie era ricoperta di segatura ed attrezzi da lavoro manuali.
Ma quando, due mesi prima, Ducky lo aveva accompagnato a casa, una volta sceso nello scantinato era stato attaccato dal ricordo di Kelly sorridente, intenta a carteggiare insieme a lui, mentre Shannon dalla porta li chiamava per cena. Non lo aveva sopportato, era stato in quel momento che aveva preso la decisione di partire. Aveva riempito una borsa in tutta fretta ed aveva raggiunto l'aeroporto dove aveva comprato un biglietto per il primo volo disponibile per il Messico.
L'amico non gli aveva fatto domande e non gli aveva rifilato inutili frasi di circostanza e di questo gli era molto grato. Anni prima, quando Mike se n'era andato all'improvviso, era stato furioso e deluso, incapace di capire le sue motivazioni, adesso aveva fatto la stessa cosa e probabilmente si era lasciato dietro le stesse emozioni.
Ripensò per un attimo alle persone che aveva lasciato indietro. Il dottor Mallard, Ducky, l'avventuroso patologo scozzese con cui aveva condiviso pericolose missioni e bottiglie di scotch. Abby, la giovane Goth che gli aveva insegnato il linguaggio dei segni e gli aveva dato l'affetto di una figlia. DiNozzo, l'immaturo poliziotto di Baltimora che era diventato il suo migliore agente e a cui non aveva esitato a lasciare la guida del team. E poi c'erano gli ultimi arrivati: Kate, l'ex agente dei servizi segreti che discuteva tutte le sue decisioni, ma faceva la differenza quando era necessario tracciare il profilo di un sospettato; McGee, l'insicuro genio del computer che non avrebbe mai immaginato di avere la stoffa dell'agente federale e Ziva, l'assassina del Mossad a cui doveva la vita e che aveva ancora molto da imparare. Li aveva delusi andandosene in quel modo, di questo era consapevole, ma dal momento che non intendeva ritornare sui propri passi era inutile pensarci.
Si alzò, scrollando via la sabbia dai vestiti, e si guardò attorno in cerca di Mike. Lo scorse dietro la casa, alle prese con quel ferrovecchio che si ostinava ad usare come mezzo di trasporto. Un mezzo sorriso, che i più avrebbero considerato una smorfia, gli increspò le labbra ripensando a qualche giorno prima, quando li aveva mollati a metà strada perché il serbatoio del carburante si era bucato. Non avevano avuto altra scelta che raggiungere il paese a piedi e passare la notte alla locanda dal momento che Toño, l'unico meccanico del paese, sarebbe andato a sistemare il camion solo il mattino seguente. Per loro fortuna alla locanda c'erano sempre posti liberi e Mariel e Camila li avevano accolti con un sorriso cordiale e quella sera avevano mangiato una porzione di enchiladas e il miglior pollo en salsa de almendra di tutto il Messico. Franks era un abitudinario, avrebbe rinunciato a quel vecchio camion solo il giorno in cui nessuno sarebbe più riuscito a farlo partire, e forse se lo sarebbe tenuto comunque, lasciandolo li vicino alla spiaggia ad arrugginire lentamente, come un pezzo di arredo della proprietà. Se la memoria non lo ingannava, molto tempo prima lui stesso era stato altrettanto ossessionato da una macchina comprata dallo sfasciacarrozze con l'intenzione di rimetterla insieme.
Rise, dirigendosi verso la casa intenzionato a prendersi una birra, ricordando l'espressione di suo padre quando lo aveva sorpreso a spingerla nel garage. Ci aveva lavorato accanitamente sopra per mesi. Nonostante non fosse ancora minimamente vicina all'essere funzionante, aveva comprato la vernice con cui intendeva dipingerla: un giallo brillante che all'epoca gli era parso il colore più bello del mondo per un'automobile. Era l'estate del '76 e si era appena arruolato nei Marines, stufo di quella cittadina immobile e dei suoi abitanti.
Prese una bottiglia dal frigorifero, la aprì e bevve un lungo sorso prima di tornare all'aperto. Lo sguardo cadde sulla pavimentazione della veranda e registrò la presenza di un'asse spaccata. La osservò per un attimo con occhio critico pensando che Mike avrebbe fatto meglio ad occuparsi della casa, piuttosto che di quel vecchio rottame. Bevve un altro sorso e i ricordi ripresero a scorrere nella sua mente.
La macchina si era rivelata molto più difficile da far funzionare di quanto il suo entusiasmo giovanile lo aveva portato a credere e quando era stato il momento di partire aveva dovuto ripiegare sul treno. Quella mattina in stazione c'erano stati solo in due, lui e la ragazza che era stata assunta per l'estate dal negozio di sartoria accanto a quello di suo padre. Era la ragazza più bella che avesse mai visto, con i capelli rossi e gli occhi verdi brillanti e vivaci. Mai come in quel momento si era sentito impacciato, un ragazzo di provincia abituato solo a fare a botte con i compagni. Si era seduto sulla panchina dietro di lei, senza il coraggio di rivolgerle la parola, osservandola con la coda dell'occhio. E lei lo aveva sorpreso: si era voltata verso di lui e gli aveva fatto una domanda mandandogli il cuore in gola. Era stata una strana conversazione, ma l'attrazione che aveva provato limitandosi a guardarla sistemare le vetrine era cresciuta man mano che sentiva la sua voce fresca e ridente e le sue strane idee. Era sempre stato così tra loro, Shannon lo sorprendeva costantemente e al tempo stesso gli aveva dato la stabilità che gli era mancata da quando era morta sua madre.
Sospirò, avrebbe dato qualsiasi cosa per riavere indietro Shannon e Kelly, per essere stato con loro più a lungo, per non essere lui il sopravissuto.
Mike si asciugò il sudore dalla fronte con una manica e si volse verso la spiaggia, gli occhi stretti a fessura per combattere il riverbero del sole sull'acqua. L'amico era una macchia scura immobile contro la luce, perso ancora una volta in chissà quali rimpianti. Il suo istinto era quello di dargli una bella scrollata e rimandarlo da dove era venuto.
Quella pestilenziale rossa che dirigeva l'NCIS se lo sarebbe ripreso di sicuro, lo stesso valeva per i membri del suo team che aveva incontrato durante la breve permanenza a Washington. Tutta gente strana, a cominciare dalla ragazza con il collare da cane per proseguire con l'agente Dinaso, o qualcosa di simile, e finendo in bellezza con il logorroico patologo. Sembravano tutti usciti dal manicomio ma aveva visto nei loro occhi una profonda preoccupazione per l'uomo che aveva trascorso gli ultimi due mesi ad ubriacarsi con lui su quella spiaggia. Per loro Jethro era qualcosa di più di un collega o un capo, e probabilmente al momento erano spersi quanto lui.
Scosse la testa, infastidito. Avrebbero dovuto esserci loro al suo posto, lui ormai era troppo vecchio per doversi lambiccare il cervello su come riportarlo in carreggiata.
Se solo fosse bastato qualche scappellotto sulla nuca, pensò, sarebbe stato tutto più facile, ma il pivello non era mai stato facile e sospettava che se la sarebbe presa comoda, forse per la prima volta nella sua vita.
Lui era diventato un maestro del prendersela comoda, ma Gibbs presto o tardi sarebbe tornato a quella vita che credeva di aver abbandonato per sempre e permettergli di continuare a crogiolarsi nei ricordi avrebbe soltanto rallentato la sua guarigione. Pertanto doveva trovargli qualcosa con cui occupare le mani e, compito ancora più difficile, convincerlo a farlo, o sarebbero ammattiti entrambi nel prossimo paio di settimane. Lanciò un'occhiata al suo vecchio camion ma scartò immediatamente l'idea, non era disposto a vederlo fare a pezzi, nemmeno per una buona causa e ad ogni buon conto mantenerlo in funzione era uno dei suoi pochi divertimenti.
L'inatteso rumore di martellate lo colse di sorpresa. Sbattè le ciglia e guardò dove poco prima si trovava l'amico, senza vederlo. Curioso seguì il suono sul davanti della casa dove trovò Gibbs intento a strappare via un'asse dal pavimento della veranda.
- Hey pivello, vacci piano, questa casa deve durare almeno fino a quando non crepo, - esclamò con un tono infastidito.
L'altro non alzò neppure lo sguardo ma rispose con una punta di divertimento nella voce.
- E come speri che duri se invece di prendertene cura, insisti ad armeggiare con quel catorcio la dietro?
Franks fece una smorfia e per poco non gli rispose di badare ai fatti suoi. Si trattenne appena in tempo, pensando che l'ultima birra doveva avergli momentaneamente ottenebrato il cervello. Questa era la soluzione perfetta per entrambi i suoi problemi: trovare un'occupazione all'amico in modo che riprendesse gusto nel non restare con le mani in mano e non dover intaccare i suoi risparmi per assumere qualcuno che eseguisse le riparazioni più urgenti.
Soddisfatto, tirò fuori dal taschino della camicia il pacchetto di sigarette e se ne accese una, assaporandola tra un colpo e l'altro di tosse.
Una decina di giorni più tardi Mike era più esaperato che soddisfatto. Non aveva previsto che Gibbs, dopo un paio di lavoretti urgenti e facilmente individuabili, avrebbe optato per controllare le condizioni del tetto e deciso che non avrebbe resistito alla prossima stagione delle piogge senza un restauro. Tutto quel martellare sulla sua testa, accompagnato dal pericolo di vedersi cadere addosso delle travi di legno o lo stesso Gibbs, stava cominciando ad avere un pessimo effetto sul suo umore. Aveva provato a combatterlo con una o due birre in più ma il risultato era stato un mal di testa amplificato dal suono che provveniva dal suo tetto.
Sdraiato sull'amaca al sole, cercava di godersi il momento migliore della giornata, quando una martellata più forte delle altre, seguita da un'imprecazione lo distolse dal suo proposito.
- Hey, pivello, non hai ancora imparato il significato della parola siesta? - gridò verso l'alto.
La testa di Gibbs si sporse verso il basso e con un sorriso ironico sul volto, rispose:
- Il tetto non si ripara da solo, Mike. E la stagione delle pioggie è vicina.
- Hai mai pensato che la pioggia possa piacermi? - replicò l'altro sdegnato.
Gibbs non fece una piega ma mentre scendeva a terra, rispose:
- Non quando piove dentro casa!
Mike, sconfitto, rispose con un grugnito e gli lanciò una birrà fresca, sperando che per quel giorno le martellate fossero finite.
Gibbs colse la bottiglia al volo e ne scolò più di mezza, appoggiandosi alla scala con aria soddisfatta. Negli ultimi giorni si era sentito meglio, non solo fisicamente. Molta della confusione che lo aveva accompagnato da quando si era svegliato dal coma si era dissolta, i ricordi si erano fatti più chiari, il dolore meno opprimente. Restava la rabbia, ma quella aveva imparato a tenerla a bada molto tempo prima e, ora che se ne ricordava, era più facile conviverci, soprattutto tenendosi occupato con del lavoro manuale.
Diede un'occhiata di sottecchi a Mike e sorrise. Per quel giorno sembrava aver raggiunto il limite di sopportazione e, se non voleva farsi cacciare su due piedi, gli conveniva non tirare troppo la corda.
- Funziona oggi il tuo trabiccolo? - chiese improvvisamente riferendosi al camion.
Franks gli rivolse un'occhiataccia prima di annuire.
- Allora dammi il tempo di darmi una rinfrescata e stasera ceniamo alla locanda, - disse Gibbs mentre si toglieva la maglia sporca e inzuppata di sudore.
Aggiunse, prima di sparire dentro casa: - Offro io.
Per un attimo rivide se stesso quindici anni prima, seduto su una roccia con una pistola in mano, incapace di superare il dolore. Solo l'inaspettato arrivo di Franks, l'agente del NIS che si era occupato del caso, lo aveva convinto a desistere e gli aveva dato un nuovo scopo nella vita. Ma, ironicamente, per riuscire ad andare avanti aveva nascosto il passato, quasi fino a cancellarlo. Nessuno, che lo avesse conosciuto dopo che si era congedato dal Corpo dei Marines per diventare un agente federale, sapeva che aveva avuto una moglie e una figlia. Aveva donato abiti e giocattoli e inscatolato le foto e alcuni oggetti che voleva conservare e messo quelle scatole al sicuro, dove nessuno sarebbe andato a curiosare. Anche così la casa, pur essendo stata arredata a nuovo da altre donne, aveva conservato in se abbastanza ricordi da rischiare di soffocarlo. Era per questo motivo che aveva preso l'abitudine di trascorrere la maggior parte del tempo al lavoro o nello scantinato. Era stato allora che la costruzione della barca aveva smesso di essere un hobby ed era diventata un rifugio mentale, tanto più che nessuna delle donne che aveva successivamente sposato era stata incline ad avventurarsi in quello stanzone buio, dove ogni superficie era ricoperta di segatura ed attrezzi da lavoro manuali.
Ma quando, due mesi prima, Ducky lo aveva accompagnato a casa, una volta sceso nello scantinato era stato attaccato dal ricordo di Kelly sorridente, intenta a carteggiare insieme a lui, mentre Shannon dalla porta li chiamava per cena. Non lo aveva sopportato, era stato in quel momento che aveva preso la decisione di partire. Aveva riempito una borsa in tutta fretta ed aveva raggiunto l'aeroporto dove aveva comprato un biglietto per il primo volo disponibile per il Messico.
L'amico non gli aveva fatto domande e non gli aveva rifilato inutili frasi di circostanza e di questo gli era molto grato. Anni prima, quando Mike se n'era andato all'improvviso, era stato furioso e deluso, incapace di capire le sue motivazioni, adesso aveva fatto la stessa cosa e probabilmente si era lasciato dietro le stesse emozioni.
Ripensò per un attimo alle persone che aveva lasciato indietro. Il dottor Mallard, Ducky, l'avventuroso patologo scozzese con cui aveva condiviso pericolose missioni e bottiglie di scotch. Abby, la giovane Goth che gli aveva insegnato il linguaggio dei segni e gli aveva dato l'affetto di una figlia. DiNozzo, l'immaturo poliziotto di Baltimora che era diventato il suo migliore agente e a cui non aveva esitato a lasciare la guida del team. E poi c'erano gli ultimi arrivati: Kate, l'ex agente dei servizi segreti che discuteva tutte le sue decisioni, ma faceva la differenza quando era necessario tracciare il profilo di un sospettato; McGee, l'insicuro genio del computer che non avrebbe mai immaginato di avere la stoffa dell'agente federale e Ziva, l'assassina del Mossad a cui doveva la vita e che aveva ancora molto da imparare. Li aveva delusi andandosene in quel modo, di questo era consapevole, ma dal momento che non intendeva ritornare sui propri passi era inutile pensarci.
Si alzò, scrollando via la sabbia dai vestiti, e si guardò attorno in cerca di Mike. Lo scorse dietro la casa, alle prese con quel ferrovecchio che si ostinava ad usare come mezzo di trasporto. Un mezzo sorriso, che i più avrebbero considerato una smorfia, gli increspò le labbra ripensando a qualche giorno prima, quando li aveva mollati a metà strada perché il serbatoio del carburante si era bucato. Non avevano avuto altra scelta che raggiungere il paese a piedi e passare la notte alla locanda dal momento che Toño, l'unico meccanico del paese, sarebbe andato a sistemare il camion solo il mattino seguente. Per loro fortuna alla locanda c'erano sempre posti liberi e Mariel e Camila li avevano accolti con un sorriso cordiale e quella sera avevano mangiato una porzione di enchiladas e il miglior pollo en salsa de almendra di tutto il Messico. Franks era un abitudinario, avrebbe rinunciato a quel vecchio camion solo il giorno in cui nessuno sarebbe più riuscito a farlo partire, e forse se lo sarebbe tenuto comunque, lasciandolo li vicino alla spiaggia ad arrugginire lentamente, come un pezzo di arredo della proprietà. Se la memoria non lo ingannava, molto tempo prima lui stesso era stato altrettanto ossessionato da una macchina comprata dallo sfasciacarrozze con l'intenzione di rimetterla insieme.
Rise, dirigendosi verso la casa intenzionato a prendersi una birra, ricordando l'espressione di suo padre quando lo aveva sorpreso a spingerla nel garage. Ci aveva lavorato accanitamente sopra per mesi. Nonostante non fosse ancora minimamente vicina all'essere funzionante, aveva comprato la vernice con cui intendeva dipingerla: un giallo brillante che all'epoca gli era parso il colore più bello del mondo per un'automobile. Era l'estate del '76 e si era appena arruolato nei Marines, stufo di quella cittadina immobile e dei suoi abitanti.
Prese una bottiglia dal frigorifero, la aprì e bevve un lungo sorso prima di tornare all'aperto. Lo sguardo cadde sulla pavimentazione della veranda e registrò la presenza di un'asse spaccata. La osservò per un attimo con occhio critico pensando che Mike avrebbe fatto meglio ad occuparsi della casa, piuttosto che di quel vecchio rottame. Bevve un altro sorso e i ricordi ripresero a scorrere nella sua mente.
La macchina si era rivelata molto più difficile da far funzionare di quanto il suo entusiasmo giovanile lo aveva portato a credere e quando era stato il momento di partire aveva dovuto ripiegare sul treno. Quella mattina in stazione c'erano stati solo in due, lui e la ragazza che era stata assunta per l'estate dal negozio di sartoria accanto a quello di suo padre. Era la ragazza più bella che avesse mai visto, con i capelli rossi e gli occhi verdi brillanti e vivaci. Mai come in quel momento si era sentito impacciato, un ragazzo di provincia abituato solo a fare a botte con i compagni. Si era seduto sulla panchina dietro di lei, senza il coraggio di rivolgerle la parola, osservandola con la coda dell'occhio. E lei lo aveva sorpreso: si era voltata verso di lui e gli aveva fatto una domanda mandandogli il cuore in gola. Era stata una strana conversazione, ma l'attrazione che aveva provato limitandosi a guardarla sistemare le vetrine era cresciuta man mano che sentiva la sua voce fresca e ridente e le sue strane idee. Era sempre stato così tra loro, Shannon lo sorprendeva costantemente e al tempo stesso gli aveva dato la stabilità che gli era mancata da quando era morta sua madre.
Sospirò, avrebbe dato qualsiasi cosa per riavere indietro Shannon e Kelly, per essere stato con loro più a lungo, per non essere lui il sopravissuto.
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Mike si asciugò il sudore dalla fronte con una manica e si volse verso la spiaggia, gli occhi stretti a fessura per combattere il riverbero del sole sull'acqua. L'amico era una macchia scura immobile contro la luce, perso ancora una volta in chissà quali rimpianti. Il suo istinto era quello di dargli una bella scrollata e rimandarlo da dove era venuto.
Quella pestilenziale rossa che dirigeva l'NCIS se lo sarebbe ripreso di sicuro, lo stesso valeva per i membri del suo team che aveva incontrato durante la breve permanenza a Washington. Tutta gente strana, a cominciare dalla ragazza con il collare da cane per proseguire con l'agente Dinaso, o qualcosa di simile, e finendo in bellezza con il logorroico patologo. Sembravano tutti usciti dal manicomio ma aveva visto nei loro occhi una profonda preoccupazione per l'uomo che aveva trascorso gli ultimi due mesi ad ubriacarsi con lui su quella spiaggia. Per loro Jethro era qualcosa di più di un collega o un capo, e probabilmente al momento erano spersi quanto lui.
Scosse la testa, infastidito. Avrebbero dovuto esserci loro al suo posto, lui ormai era troppo vecchio per doversi lambiccare il cervello su come riportarlo in carreggiata.
Se solo fosse bastato qualche scappellotto sulla nuca, pensò, sarebbe stato tutto più facile, ma il pivello non era mai stato facile e sospettava che se la sarebbe presa comoda, forse per la prima volta nella sua vita.
Lui era diventato un maestro del prendersela comoda, ma Gibbs presto o tardi sarebbe tornato a quella vita che credeva di aver abbandonato per sempre e permettergli di continuare a crogiolarsi nei ricordi avrebbe soltanto rallentato la sua guarigione. Pertanto doveva trovargli qualcosa con cui occupare le mani e, compito ancora più difficile, convincerlo a farlo, o sarebbero ammattiti entrambi nel prossimo paio di settimane. Lanciò un'occhiata al suo vecchio camion ma scartò immediatamente l'idea, non era disposto a vederlo fare a pezzi, nemmeno per una buona causa e ad ogni buon conto mantenerlo in funzione era uno dei suoi pochi divertimenti.
L'inatteso rumore di martellate lo colse di sorpresa. Sbattè le ciglia e guardò dove poco prima si trovava l'amico, senza vederlo. Curioso seguì il suono sul davanti della casa dove trovò Gibbs intento a strappare via un'asse dal pavimento della veranda.
- Hey pivello, vacci piano, questa casa deve durare almeno fino a quando non crepo, - esclamò con un tono infastidito.
L'altro non alzò neppure lo sguardo ma rispose con una punta di divertimento nella voce.
- E come speri che duri se invece di prendertene cura, insisti ad armeggiare con quel catorcio la dietro?
Franks fece una smorfia e per poco non gli rispose di badare ai fatti suoi. Si trattenne appena in tempo, pensando che l'ultima birra doveva avergli momentaneamente ottenebrato il cervello. Questa era la soluzione perfetta per entrambi i suoi problemi: trovare un'occupazione all'amico in modo che riprendesse gusto nel non restare con le mani in mano e non dover intaccare i suoi risparmi per assumere qualcuno che eseguisse le riparazioni più urgenti.
Soddisfatto, tirò fuori dal taschino della camicia il pacchetto di sigarette e se ne accese una, assaporandola tra un colpo e l'altro di tosse.
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Una decina di giorni più tardi Mike era più esaperato che soddisfatto. Non aveva previsto che Gibbs, dopo un paio di lavoretti urgenti e facilmente individuabili, avrebbe optato per controllare le condizioni del tetto e deciso che non avrebbe resistito alla prossima stagione delle piogge senza un restauro. Tutto quel martellare sulla sua testa, accompagnato dal pericolo di vedersi cadere addosso delle travi di legno o lo stesso Gibbs, stava cominciando ad avere un pessimo effetto sul suo umore. Aveva provato a combatterlo con una o due birre in più ma il risultato era stato un mal di testa amplificato dal suono che provveniva dal suo tetto.
Sdraiato sull'amaca al sole, cercava di godersi il momento migliore della giornata, quando una martellata più forte delle altre, seguita da un'imprecazione lo distolse dal suo proposito.
- Hey, pivello, non hai ancora imparato il significato della parola siesta? - gridò verso l'alto.
La testa di Gibbs si sporse verso il basso e con un sorriso ironico sul volto, rispose:
- Il tetto non si ripara da solo, Mike. E la stagione delle pioggie è vicina.
- Hai mai pensato che la pioggia possa piacermi? - replicò l'altro sdegnato.
Gibbs non fece una piega ma mentre scendeva a terra, rispose:
- Non quando piove dentro casa!
Mike, sconfitto, rispose con un grugnito e gli lanciò una birrà fresca, sperando che per quel giorno le martellate fossero finite.
Gibbs colse la bottiglia al volo e ne scolò più di mezza, appoggiandosi alla scala con aria soddisfatta. Negli ultimi giorni si era sentito meglio, non solo fisicamente. Molta della confusione che lo aveva accompagnato da quando si era svegliato dal coma si era dissolta, i ricordi si erano fatti più chiari, il dolore meno opprimente. Restava la rabbia, ma quella aveva imparato a tenerla a bada molto tempo prima e, ora che se ne ricordava, era più facile conviverci, soprattutto tenendosi occupato con del lavoro manuale.
Diede un'occhiata di sottecchi a Mike e sorrise. Per quel giorno sembrava aver raggiunto il limite di sopportazione e, se non voleva farsi cacciare su due piedi, gli conveniva non tirare troppo la corda.
- Funziona oggi il tuo trabiccolo? - chiese improvvisamente riferendosi al camion.
Franks gli rivolse un'occhiataccia prima di annuire.
- Allora dammi il tempo di darmi una rinfrescata e stasera ceniamo alla locanda, - disse Gibbs mentre si toglieva la maglia sporca e inzuppata di sudore.
Aggiunse, prima di sparire dentro casa: - Offro io.
Continua...
Note culinarie: “enchiladas” e “pollo en salsa de almendra” sono ricette messicane facilmente reperibili in rete.
Io le ho trovate qui: http://www.cookaround.com/cucina/newmex/index.php
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