NCIS: Quando si infrangono le regole 1/3
Apr. 6th, 2008 06:43 pm![[identity profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/openid.png)
![[community profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/community.png)
Titolo: Prologo + Parte prima (Hiatus)
Genere: malinconico, triste, romantico
Rating: per tutti
Avvisi: AU, ambientata tra la fine della terza e l'inizio della quarta stagione
Personaggi: Kate Todd, L.J. Gibbs
N. parole: 1.959
Genere: malinconico, triste, romantico
Rating: per tutti
Avvisi: AU, ambientata tra la fine della terza e l'inizio della quarta stagione
Personaggi: Kate Todd, L.J. Gibbs
N. parole: 1.959
Prologo
Gibbs aprì gli occhi e volse lo sguardo all'orologio luminoso sul comodino, era ora di andare. Si alzò, facendo attenzione a non disturbare la donna che dormiva serenamente al suo fianco e scalzo attraversò la stanza dirigendosi al bagno del piano inferiore. Dopo una veloce doccia, accese la macchina del caffè e tornò in camera da letto per vestirsi. Nonostante avesse evitato di accendere la luce, sentì che lei cominciava a muoversi. Pochi attimi dopo sentì scostare le coperte e la sua voce sonnolenta chiedergli:
- Perché non mi hai svegliata?
Lui si volse, godendosi per un lungo istante la vista della giovane donna, vestita soltanto di una maglietta. La penombra della stanza non gli permetteva di vedere i particolari ma sapeva che era una delle sue, con il logo NIS sul petto.
- Non è necessario che tu venga, - le disse sedendosi sul letto prima di proseguire.
- Ci saranno DiNozzo, Ziva e McGee a coprirmi le spalle. Mi serve qualcuno in ufficio ad occuparsi degli altri casi.
- Sei sicuro? Posso essere pronta in 10 minuti.
- Katie, - il suo tono tradiva una punta di esasperazione, - andare a letto con me non ti da il diritto di mettere in discussione i miei ordini.
Lei sbuffò, sapendo di essere sconfitta. Ma quando fece per alzarsi lo trattenne per un braccio, e si sporse a dargli un bacio.
- Fai attenzione, diventi intrattabile quando ti graffiano, - disse sorridendo mentre lo lasciava andare, riaccomodandosi sotto le coperte per dormire ancora un po'.
Lui scosse la testa divertito, e uscì dalla camera, la mente già rivolta alla missione.
- Perché non mi hai svegliata?
Lui si volse, godendosi per un lungo istante la vista della giovane donna, vestita soltanto di una maglietta. La penombra della stanza non gli permetteva di vedere i particolari ma sapeva che era una delle sue, con il logo NIS sul petto.
- Non è necessario che tu venga, - le disse sedendosi sul letto prima di proseguire.
- Ci saranno DiNozzo, Ziva e McGee a coprirmi le spalle. Mi serve qualcuno in ufficio ad occuparsi degli altri casi.
- Sei sicuro? Posso essere pronta in 10 minuti.
- Katie, - il suo tono tradiva una punta di esasperazione, - andare a letto con me non ti da il diritto di mettere in discussione i miei ordini.
Lei sbuffò, sapendo di essere sconfitta. Ma quando fece per alzarsi lo trattenne per un braccio, e si sporse a dargli un bacio.
- Fai attenzione, diventi intrattabile quando ti graffiano, - disse sorridendo mentre lo lasciava andare, riaccomodandosi sotto le coperte per dormire ancora un po'.
Lui scosse la testa divertito, e uscì dalla camera, la mente già rivolta alla missione.
Parte prima (Hiatus)
Kate era frastornata. Seduta in una piccola sala d'attesa d'ospedale, ripercorreva mentalmente gli avvenimenti dei giorni precedenti. Pochi giorni prima aveva salutato il suo amante con un bacio ed era tornata a dormire, soddisfatta della sua vita, del suo lavoro, di avere un posto nella vita privata di Leroy Jethro Gibbs e in un angolo del suo armadio. Diverse ore dopo, sconvolta, era giunta all'ospedale navale di Postmouth, dove era stato ricoverato in condizioni critiche, in seguito ad una esplosione sulla nave su cui si era trovato in quel momento. Il direttore l'aveva guardata con uno sguardo di cui Kate aveva capito subito il significato: la Shepard sapeva e solo per questo le aveva permesso di restare, nonostante fosse indispensabile mandare avanti l'indagine. Abby era rimasta con loro a lungo, ma appena McGee aveva chiamato, dicendo che c'erano degli esami da fare, era tornata al quartier generale dell'NCIS, facendosi giurare che l'avrebbero avvertita non appena si fosse saputo qualcosa.
Il tempo era sembrato non passare mai, mentre dottori e infermiere andavano e venivano senza curarsi di loro. Alla fine, Jenny aveva usato la propria autorità per parlare con il dottore che aveva in cura Gibbs, venendo così a sapere che se la sarebbe cavata e che ci si aspettava che il paziente si svegliasse da solo.
Glielo avevano lasciato vedere, seppure brevemente. Jenny aveva chiuso per un attimo gli occhi, per farsi forza ed era avanzata verso il letto, mentre Kate non era riuscita a trattenere un singhiozzo quando lo aveva visto collegato alle macchine, la testa fasciata e il volto segnato. La vista velata dalle lacrime, si era fatta avanti e aveva preso tra le sue la mano inerme dell'uomo.
Ma era passato altro tempo e il dottore aveva cominciato a preoccuparsi per la mancata reazione del paziente. Sembrava sognasse, e non volesse saperne di svegliarsi. Jenny era tornata all'NCIS, che aveva trascurato troppo a lungo e al suo posto era arrivato Ducky, che l'aveva abbracciata e consolata, prima di andare a sedersi accanto al letto dell'amico. La stessa cosa aveva fatto il giorno successivo, mandandola a prendere una boccata d'aria fresca, mentre lui si intratteneva parlando all'amico in coma e a qualunque dottore o infermiera che venisse a controllare i segni vitali del paziente.
Per questo lei non era stata presente quando Gibbs si era svegliato per la prima volta. Era arrivata soltanto dopo e si era fermata sulla porta, felice di vederlo sveglio, fino a quando non lo aveva sentito dire che non riconosceva Ducky, che l'esplosione che ricordava era avvenuta in Kuwait quindici anni prima e che voleva vedere Shannon e Kelly, chiunque fossero.
Si era allontanata di corsa, a testa bassa, non aveva investito nessuno per puro caso. Ed ora era qui, nella stessa sala d'attesa in cui era rimasta nei giorni precedenti, ma svuotata di ogni energia.
- Caitlin, - la richiamò dolcemente alla realtà l'anziano patologo.
Lei alzò il viso, non stava piangendo ma aveva il trucco disfatto e non disse nulla.
Le si sedette accanto e le mise un braccio attorno alle spalle, abbracciandola.
- Si aggiusterà tutto, Caitlin, vedrai. Dagli solo un po' di tempo per riprendersi. Perché non vai da lui, dopo esserti rinfrescata?
- No, Ducky, - lo interruppe, e proseguì.
- Sapevo, anche se non volevo ammetterlo, che la nostra relazione era fragile. Non sopravviverà ad una cosa del genere. Abbiamo sbagliato ad infrangere le regole, e sarà questa la prima cosa che gli passerà per la testa quando si sarà ripreso.
Detto questo si sciolse dall'abbraccio e si alzò. Prese la giacca dalla sedia accanto e la indossò, mentre Ducky la guardava con tristezza, per una volta senza parole.
Una volta pronta gli si avvicinò, sorridendo amaramente, e gli diede un bacio sulla guancia, con affetto.
- Io torno in ufficio, rimani tu con lui. Sei il suo migliore amico, e sei quello che lo conosce da più tempo. Io avvertirò gli altri.
Al quartier generale si era immersa nel lavoro con accanimento, per lasciarsi alle spalle almeno per un poco, ogni pensiero di carattere personale. Anche così, aveva saputo che la Shepard aveva contattato Mike Franks, l'agente ormai in pensione che aveva reclutato Gibbs, e che quest'ultimo stava lentamente recuperando la memoria. Il momento più doloroso era stato quando aveva scoperto di chi erano i nomi che gli aveva sentito pronunciare al risveglio. Aveva sempre saputo che nascondeva qualcosa del passato che doveva averlo profondamente colpito, ma non aveva mai immaginato che potesse trattarsi di una moglie e una figlia morte quindici anni prima. Come profiler non era particolarmente stupita di come non si fosse mai lasciato sfuggire nulla della propria vita privata nemmeno con gli amici più cari, come Ducky, o le donne con cui aveva avuto delle relazioni. Ma come donna non poteva evitare di sentirsi ferita per questa mancanza di comunicazione. Anche se per poco tempo, lei si era illusa che la relazione che era nata tra loro fosse importante, che lui avesse piegato le sue regole perché in qualche modo lei aveva fatto breccia nel suo cuore. Ma ora si rendeva conto che il motivo non poteva essere così romantico. Lei era stata disponibile, ben felice di saltare nel suo letto senza nemmeno chiedere qualcosa in cambio, Gibbs sarebbe stato uno stupido a non approfittarne. Gibbs, non Jethro. Non pensava a lui con il nome di battesimo da quando si era risvegliato dal coma, un estraneo che non la conosceva come lei si era resa conto di non conoscere affatto lui.
Nel frattempo le indagini erano giunte ad un punto morto, solo i ricordi svaniti del loro capo avrebbero potuto riempire le lacune. Era stato in quel momento che Ziva, dopo l'ennesimo interrogatorio al comandante della nave, era scomparsa dalla circolazione, per tornare poche ore dopo con una sorpresa: Gibbs, con indosso abiti presi a prestito in tutta fretta. Abby, saputo del suo arrivo, era corsa ad abbracciarlo e tutto il team gli si era fatto attorno, sorridente e in attesa di una parola da parte sua che dimostrasse che si ricordava di loro. A Kate aveva rivolto solo un'occhiata, prima di salire al piano di sopra e sparire nell'MTAC, ma le era bastata per capire che ricordava la loro relazione e la condannava.
Non era però preparata all'espressione di rabbia e sconfitta che aveva sul viso quando ridiscese quelle scale. Rimasero tutti a bocca aperta quando consegnò arma e distintivo a DiNozzo, dicendogli che adesso la squadra era sua. Abby provò a dire qualcosa ma le posò un dito sulle labbra e un bacio sulla guancia. Diede un consiglio a McGee e ringraziò Ziva, commossa più di quanto ci si aspettasse da lei. Fece un cenno a Jenny, che osservava dal piano superiore e fu davanti a Kate. Per un attimo ebbe l'impulso di abbracciarlo, ma lo sguardo al tempo stesso freddo e tormentato dell'uomo davanti a lei glielo impedì. Le mise una mano sulla spalla, stringendola per un breve attimo, prima di lasciarla andare.
- Sarai un ottimo braccio destro per DiNozzo, ricordati di farlo rimanere con i piedi per terra.
Detto questo si volse e si incamminò verso l'ascensore, chiedendo a Ducky di dargli un passaggio fino a casa. Nessuno si mosse, nemmeno dopo che le porte metalliche si erano chiuse dietro di lui.
Kate non sapeva più cosa provava, per quanto fosse sciocco, la sensazione predominante era quella di sentirsi ferita. La parte razionale del suo cervello capiva che un uomo che aveva appena rivissuto la più grande tragedia della sua vita. e che non era riuscito ad impedire una strage, volesse lasciarsi tutto alle spalle. Ma la donna che si era innamorata di Jethro Gibbs, credendo di conoscerlo almeno un poco, non riusciva ancora a credere di essersi sbagliata fino a questo punto. Per questa ragione, quando uscì dall'ufficio non si diresse verso casa propria.
La porta, come sempre, non era chiusa a chiave. Pensava che lo avrebbe trovato a sfogare la propria frustrazione nello scantinato, ma la stanza era vuota e silenziosa. Lo trovò al piano di sopra, in camera da letto, intento a riempire una borsa da viaggio.
- Cosa vuoi, Kate? - le chiese senza preamboli, continuando ad aprire e chiudere cassetti.
Non lo sapeva, perciò rispose la prima cosa che le venne in mente.
- Sono venuta a prendere le mie cose e a restituirti la chiave.
- Puoi tenertela e fare con comodo, io me ne sto andando.
- Perché? - non poté trattenersi dal chiedere, - capisco che per te sia stato uno shock recuperare in pochi giorni i ricordi di quindici anni, ma...
- Non c'è alcun ma! - replicò lui con forza, voltandosi verso di lei per la prima volta da quando era entrata nella stanza.
Kate deglutì, la rabbia repressa che gli leggeva negli occhi era troppa da affrontare.
- Vattene Kate, non voglio parlare con nessuno e non voglio ascoltare nessuno. Voglio solo andarmene e trovare un po' di pace, senza che un branco di agenti impauriti mi chieda di aiutarli ad attraversare la strada.
Lei scosse la testa, come per negare, ma non disse nulla. Aveva deciso e non c'era niente che lei o chiunque altro potesse fare. A nessuno di loro aveva dato il diritto di mettere in discussione le sue decisioni, giuste o sbagliate che fossero. Ed ora intendeva andarsene, lasciandosi alle spalle amici, colleghi, il team, lei. Non aveva sprecato nemmeno una parola su quanto c'era stato tra loro nell'ultimo anno, non lo avrebbe fatto nemmeno lei.
Raddrizzò le spalle e si volse per andarsene. Quando fu sulla porta ci ripensò e, senza girarsi indietro, parlò con voce piatta, tenendo a bada ogni emozione:
- Spero che non ti penta di questa decisione, Gibbs. Perché se tornerai non saremo tutti pronti a fare salti di gioia. Addio.
Il tempo era sembrato non passare mai, mentre dottori e infermiere andavano e venivano senza curarsi di loro. Alla fine, Jenny aveva usato la propria autorità per parlare con il dottore che aveva in cura Gibbs, venendo così a sapere che se la sarebbe cavata e che ci si aspettava che il paziente si svegliasse da solo.
Glielo avevano lasciato vedere, seppure brevemente. Jenny aveva chiuso per un attimo gli occhi, per farsi forza ed era avanzata verso il letto, mentre Kate non era riuscita a trattenere un singhiozzo quando lo aveva visto collegato alle macchine, la testa fasciata e il volto segnato. La vista velata dalle lacrime, si era fatta avanti e aveva preso tra le sue la mano inerme dell'uomo.
Ma era passato altro tempo e il dottore aveva cominciato a preoccuparsi per la mancata reazione del paziente. Sembrava sognasse, e non volesse saperne di svegliarsi. Jenny era tornata all'NCIS, che aveva trascurato troppo a lungo e al suo posto era arrivato Ducky, che l'aveva abbracciata e consolata, prima di andare a sedersi accanto al letto dell'amico. La stessa cosa aveva fatto il giorno successivo, mandandola a prendere una boccata d'aria fresca, mentre lui si intratteneva parlando all'amico in coma e a qualunque dottore o infermiera che venisse a controllare i segni vitali del paziente.
Per questo lei non era stata presente quando Gibbs si era svegliato per la prima volta. Era arrivata soltanto dopo e si era fermata sulla porta, felice di vederlo sveglio, fino a quando non lo aveva sentito dire che non riconosceva Ducky, che l'esplosione che ricordava era avvenuta in Kuwait quindici anni prima e che voleva vedere Shannon e Kelly, chiunque fossero.
Si era allontanata di corsa, a testa bassa, non aveva investito nessuno per puro caso. Ed ora era qui, nella stessa sala d'attesa in cui era rimasta nei giorni precedenti, ma svuotata di ogni energia.
- Caitlin, - la richiamò dolcemente alla realtà l'anziano patologo.
Lei alzò il viso, non stava piangendo ma aveva il trucco disfatto e non disse nulla.
Le si sedette accanto e le mise un braccio attorno alle spalle, abbracciandola.
- Si aggiusterà tutto, Caitlin, vedrai. Dagli solo un po' di tempo per riprendersi. Perché non vai da lui, dopo esserti rinfrescata?
- No, Ducky, - lo interruppe, e proseguì.
- Sapevo, anche se non volevo ammetterlo, che la nostra relazione era fragile. Non sopravviverà ad una cosa del genere. Abbiamo sbagliato ad infrangere le regole, e sarà questa la prima cosa che gli passerà per la testa quando si sarà ripreso.
Detto questo si sciolse dall'abbraccio e si alzò. Prese la giacca dalla sedia accanto e la indossò, mentre Ducky la guardava con tristezza, per una volta senza parole.
Una volta pronta gli si avvicinò, sorridendo amaramente, e gli diede un bacio sulla guancia, con affetto.
- Io torno in ufficio, rimani tu con lui. Sei il suo migliore amico, e sei quello che lo conosce da più tempo. Io avvertirò gli altri.
*****
Al quartier generale si era immersa nel lavoro con accanimento, per lasciarsi alle spalle almeno per un poco, ogni pensiero di carattere personale. Anche così, aveva saputo che la Shepard aveva contattato Mike Franks, l'agente ormai in pensione che aveva reclutato Gibbs, e che quest'ultimo stava lentamente recuperando la memoria. Il momento più doloroso era stato quando aveva scoperto di chi erano i nomi che gli aveva sentito pronunciare al risveglio. Aveva sempre saputo che nascondeva qualcosa del passato che doveva averlo profondamente colpito, ma non aveva mai immaginato che potesse trattarsi di una moglie e una figlia morte quindici anni prima. Come profiler non era particolarmente stupita di come non si fosse mai lasciato sfuggire nulla della propria vita privata nemmeno con gli amici più cari, come Ducky, o le donne con cui aveva avuto delle relazioni. Ma come donna non poteva evitare di sentirsi ferita per questa mancanza di comunicazione. Anche se per poco tempo, lei si era illusa che la relazione che era nata tra loro fosse importante, che lui avesse piegato le sue regole perché in qualche modo lei aveva fatto breccia nel suo cuore. Ma ora si rendeva conto che il motivo non poteva essere così romantico. Lei era stata disponibile, ben felice di saltare nel suo letto senza nemmeno chiedere qualcosa in cambio, Gibbs sarebbe stato uno stupido a non approfittarne. Gibbs, non Jethro. Non pensava a lui con il nome di battesimo da quando si era risvegliato dal coma, un estraneo che non la conosceva come lei si era resa conto di non conoscere affatto lui.
Nel frattempo le indagini erano giunte ad un punto morto, solo i ricordi svaniti del loro capo avrebbero potuto riempire le lacune. Era stato in quel momento che Ziva, dopo l'ennesimo interrogatorio al comandante della nave, era scomparsa dalla circolazione, per tornare poche ore dopo con una sorpresa: Gibbs, con indosso abiti presi a prestito in tutta fretta. Abby, saputo del suo arrivo, era corsa ad abbracciarlo e tutto il team gli si era fatto attorno, sorridente e in attesa di una parola da parte sua che dimostrasse che si ricordava di loro. A Kate aveva rivolto solo un'occhiata, prima di salire al piano di sopra e sparire nell'MTAC, ma le era bastata per capire che ricordava la loro relazione e la condannava.
Non era però preparata all'espressione di rabbia e sconfitta che aveva sul viso quando ridiscese quelle scale. Rimasero tutti a bocca aperta quando consegnò arma e distintivo a DiNozzo, dicendogli che adesso la squadra era sua. Abby provò a dire qualcosa ma le posò un dito sulle labbra e un bacio sulla guancia. Diede un consiglio a McGee e ringraziò Ziva, commossa più di quanto ci si aspettasse da lei. Fece un cenno a Jenny, che osservava dal piano superiore e fu davanti a Kate. Per un attimo ebbe l'impulso di abbracciarlo, ma lo sguardo al tempo stesso freddo e tormentato dell'uomo davanti a lei glielo impedì. Le mise una mano sulla spalla, stringendola per un breve attimo, prima di lasciarla andare.
- Sarai un ottimo braccio destro per DiNozzo, ricordati di farlo rimanere con i piedi per terra.
Detto questo si volse e si incamminò verso l'ascensore, chiedendo a Ducky di dargli un passaggio fino a casa. Nessuno si mosse, nemmeno dopo che le porte metalliche si erano chiuse dietro di lui.
*****
Kate non sapeva più cosa provava, per quanto fosse sciocco, la sensazione predominante era quella di sentirsi ferita. La parte razionale del suo cervello capiva che un uomo che aveva appena rivissuto la più grande tragedia della sua vita. e che non era riuscito ad impedire una strage, volesse lasciarsi tutto alle spalle. Ma la donna che si era innamorata di Jethro Gibbs, credendo di conoscerlo almeno un poco, non riusciva ancora a credere di essersi sbagliata fino a questo punto. Per questa ragione, quando uscì dall'ufficio non si diresse verso casa propria.
La porta, come sempre, non era chiusa a chiave. Pensava che lo avrebbe trovato a sfogare la propria frustrazione nello scantinato, ma la stanza era vuota e silenziosa. Lo trovò al piano di sopra, in camera da letto, intento a riempire una borsa da viaggio.
- Cosa vuoi, Kate? - le chiese senza preamboli, continuando ad aprire e chiudere cassetti.
Non lo sapeva, perciò rispose la prima cosa che le venne in mente.
- Sono venuta a prendere le mie cose e a restituirti la chiave.
- Puoi tenertela e fare con comodo, io me ne sto andando.
- Perché? - non poté trattenersi dal chiedere, - capisco che per te sia stato uno shock recuperare in pochi giorni i ricordi di quindici anni, ma...
- Non c'è alcun ma! - replicò lui con forza, voltandosi verso di lei per la prima volta da quando era entrata nella stanza.
Kate deglutì, la rabbia repressa che gli leggeva negli occhi era troppa da affrontare.
- Vattene Kate, non voglio parlare con nessuno e non voglio ascoltare nessuno. Voglio solo andarmene e trovare un po' di pace, senza che un branco di agenti impauriti mi chieda di aiutarli ad attraversare la strada.
Lei scosse la testa, come per negare, ma non disse nulla. Aveva deciso e non c'era niente che lei o chiunque altro potesse fare. A nessuno di loro aveva dato il diritto di mettere in discussione le sue decisioni, giuste o sbagliate che fossero. Ed ora intendeva andarsene, lasciandosi alle spalle amici, colleghi, il team, lei. Non aveva sprecato nemmeno una parola su quanto c'era stato tra loro nell'ultimo anno, non lo avrebbe fatto nemmeno lei.
Raddrizzò le spalle e si volse per andarsene. Quando fu sulla porta ci ripensò e, senza girarsi indietro, parlò con voce piatta, tenendo a bada ogni emozione:
- Spero che non ti penta di questa decisione, Gibbs. Perché se tornerai non saremo tutti pronti a fare salti di gioia. Addio.